Contenuto principale

Messaggio di avviso

Il “Piano estate”: uno strumento per la privatizzazione della scuola italiana

La scuola non è un centro estivo!

Stanno arrivando nei Collegi Docenti delle scuole italiane le richieste di adesione al “Piano per l’estate” spacciato e propagandato dal governo come uno strumento per riparare ai danni prodotti dalla chiusura prolungata delle scuole o dalle continue quarantene che hanno martoriato il percorso scolastico di quest’ultimo anno e mezzo. La scadenza per l’adesione delle scuole è prevista per il 21 maggio 2021, ma i Collegi Docenti e i Consigli di Istituto potranno deliberare anche in una fase successiva.

Si tratta di un finanziamento veramente cospicuo, pari a più di mezzo miliardo di Euro. Ma non si tratta di un interesse sincero ai problemi reali della scuola: tutti sappiamo, anche il governo, che le scuole in questa delicatissima fase necessitano di interventi urgenti in grado di garantire una ripartenza a settembre in condizioni di sicurezza.

Ma se il governo dimostra di non essere interessato ai problemi reali e urgenti della scuola italiana, qual è la finalità di questi finanziamenti? Ciò che il ministro vuole ottenere, come già ha realizzato in Emilia-Romagna dove era assessore regionale, è l’ingresso del privato di cooperativa dentro la scuola: è esplicitamente prevista infatti “la possibilità di coinvolgere soggetti pubblici e privati, quali amministrazioni centrali e locali, associazioni, fondazioni, enti del terzo settore, università, centri di ricerca, reti già presenti a livello locale”. Le scuole cioè saranno chiamate a “giudicare” ed inserire dentro i propri PTOF progetti che prevedono la compresenza di personale docente e lavoratori di cooperativa, in una sorta di equiparazione tra le funzioni specifiche della scuola e le attività che, da sempre, sono rimaste separate e gestite autonomamente dai comuni. E infatti la domanda centrale è proprio questa: perché il governo, giustamente preoccupato della perdita di socialità sofferta dai più giovani, ha deciso di finanziare le scuole e non i Comuni? Perché finanziando le cooperative attraverso le scuole si sdogana l’idea dell’equiparazione della formazione formale e informale, benché la prima sia pubblica e la seconda privata: i centri estivi comunali hanno una loro dignità e finalità, ma restano servizi molto diversi rispetto alle finalità educative/culturali della scuola. E’ un progetto strutturale e infatti il piano estate va ben oltre l’estate: “le attività proposte possono essere realizzate dalla data di autorizzazione da parte del Ministero dell’istruzione e fino al termine dell’anno scolastico 2021-2022, usufruendo, in particolare, dei periodi di sospensione della didattica curricolare e di quello estivo”.

Se poi confrontiamo il “piano estate” con il rapporto Bianchi (manifesto programmatico del nuovo Ministro) il progetto diventa sempre più chiaro: “occorre procedere ad una forte essenzializzazione del curricolo […]rivisitare i curricoli, andare all’essenziale delle competenze, […]agire sulla durata delle lezioni inserita in una prospettiva di organizzazione che tenda a superare lo schematismo degli orari, che lasci spazio ad attività personalizzate nei confronti di ciascun allievo in una logica di raccordo con attività sul territorio”. Insomma, ridurre tempo scuola a favore dell’ingresso dei privati: perché continuare a pagare docenti se è possibile sfruttare a basso costo la manodopera delle cooperative? Perché pagare i docenti di musica, di arte, di educazione motoria se gli studenti possono usufruire di corsi forniti dal terzo settore? Oggi stanno arrivando molti soldi nelle scuole, e molti ne arriveranno con i fondi del Recovery; la scuola finora si è salvata dagli appetiti privati perché a differenza di altri settori, ad esempio la sanità, è sempre stata povera: ora i soldi ci sono e gli appetiti non solo si svegliano, ma vengono solleticati proprio dai finanziamenti pubblici. Il processo sarà simile a quello intrapreso nella sanità, con esternalizzazione di una parte dei servizi: noi al contrario ci battiamo perché i lavoratori di cooperativa che già lavorano nella scuola senza diritti e con salari da fame siano internalizzati; oggi assistiamo invece all’immissione nella scuola di soldi pubblici per favorire la privatizzazione del pubblico, unitamente a una ridefinizione complessiva della scuola, così come sta per essere definita dal Patto che i sindacati confederali e il governo si apprestano a firmare.